Frammenti di (Pier)Pioggia

Pensieri e parole alla ricerca di un'identità

lunedì, giugno 25, 2007

Post N° 100

E’ un sabato di vento in questo angolo di terra Lomellina, sferzante quanto basta per scacciare temporaneamente la canicola di giugno e intirizzire delicatamente la pelle scoperta.
Non mi va di andare a sentire il gruppo che fa cover dei Rolling Stones.
Vago un po’ senza meta per strade randagie che tagliano campi di riso spaziati da granoturco acerbo, mentre l’eco delle risa di una telefonata appena conclusa riecheggia ancora stridente nelle mie orecchie.
Quelle risate sono già troppo lontane.
Lontane troppo.
Ma mi ha fatto piacere sentirle, in questo sabato animale.
L’auto viaggia piano sotto lo sguardo limpido di una luna brillante, che grazie al fard del vento si sente più bella e si specchia nel fiume.
Davide stasera fa il service per uno spettacolo di flamenco.
Quasi quasi lo vado a trovare.
Arrivo che lo spettacolo è quasi finito, faccio appena in tempo a vedere una schiera di bambini che arrampicano le loro piccole dita sulle tastiere delle loro chitarre classiche, e ricordo che quando cominciai a suonare scartai la chitarra classica proprio perché aveva il manico troppo grosso per le mie dita minute. Così mi buttai su quella acustica, alla faccia del dolore e dei calli più duri a causa delle corde in metallo.
Era tempo fa.
Ora il tempo lo scandisce una ballerina più sicura dei suoi apparenti 18 anni, che lancia sguardi improbabili verso la platea.
Lo spettacolo finisce e cominciano i ringraziamenti e la caccia ai cocomeri, mentre Davide smoccola perché un capriccio dell’interruttore generale gli ha fatto saltare un dimmer e due luci.
Non ha molto tempo per parlare, è preoccupatissimo di capire cosa è successo ai suoi gioielli e mi dice che deve assolutamente trovare delle brugole.
Resto da solo per un po’, con lo sguardo che sfarfalla qua e là per il teatro. Lo sguardo è quello di uno che cerca senza trovare. Qualcuno mi fissa con sospetto, come a chiedersi cosa ci sto a fare. Se me lo chiedesse gli risponderei male, anche perché non saprei dare una risposta.
La ballerina, scesa dal palco e tornata ai suoi abiti di ordinanza, mi concede ogni tanto qualche occhiata. Forse crede troppo nella sua parte.
Intanto Davide torna, trafelatissimo, col suo set di brugole. Gli faccio da assistente, più psicologico che elettrico, mentre svita con cura gli otto cilindretti metallici che proteggono il circuito di alimentazione della lampada. Arriva delicato ai fili come un chirurgo sperando che il fusibile abbia fatto il suo dovere, cioè quello di bruciarsi per proteggere tutto il resto. La sua speranza si realizza, la prima lampada è salva. Grazie ad un oggettino molto semplice ed economico.
Lo saluto facendogli un “in bocca al lupo” per le apparecchiature restanti. Lui, risollevato, ringrazia e mi promette che la prossima volta avrà più tempo per parlare e, chissà, suonare anche qualcosa insieme.
Ritorno a casa tra strade diritte e deserte, sempre accompagnato dallo sguardo curioso della luna guardona, e mi chiedo che cosa ci trovi di interessante nel guardare questo stretto angolo spento di Lomellina.

venerdì, giugno 15, 2007

Leggende Universitarie

Un commento di Anonima-Elisa mi ha dato il “la” per scrivere questo post, nel quale voglio parlare di qualche “leggenda metropolitana” legata ad episodi universitari. Ne riporto qui qualcuno di origine esclusivamente pavese…

Il prof. di Elettrotecnica. Questo professore valuta gli scritti non attraverso i numeri, ma utilizzando le lettere. Quindi, per esempio, I = Insufficiente, S+ = più che sufficiente, B = Buono. Si narra che un giorno lo scritto di uno studente venne valutato LEUB (acronimo di Lei È Una Bestia).

Il prof di Chimica. Testimoni oculari assicurano di avere visto questo professore tentare per diversi secondi di cancellare con una gomma una macchia sul telone sul quale si proiettano i cosiddetti lucidi (superfluo specificare che la macchia era di pennarello e si trovava sul lucido).

Il prof. Di Meccanica Applicata. Questo arzillo e canuto professore, un po’ avanti con gli anni, tenne una mattina un’intera lezione senza interruzioni su un argomento pesantissimo (che nonostante fossi presente pure io non ricordo quale) e quando uno studente allo stremo delle forze fece incorciò le mani a “T” per indicare il classico gesto del Time Out, si sentì dire dall’orgoglioso prof: «T, che significa? Ah, certo, Trasduttore Temperatura, bravissimo!»

L’assistente di Calcolatori Elettronici. Durante l’appello per stabilire chi avrebbe voluto sostenere l’esame orale il giorno seguente, alla nomina di tale Ricciardo si sentì una voce grave e tenebrosa partire dal fondo dell’aula pronunciare un secco e deciso «No!». L’assistente, senza scomporsi, rispose:
«Non ti ho chiesto se rinunci a Satana, ti ho solo chiesto se rinunci all’esame».

Il secchione. Questo personaggio è uno studente, si chiama Franco ed ha una barba simile a quella di uno dei Jalisse e un sorriso accattivante costantemente dipinto sulla faccia. È sempre in prima fila in qualsiasi lezione e a qualsiasi orario, probabilmente vive lì. Per tutte queste cose viene chiamato da noi burini delle ultime file Franco PARESI.

E per chiudere, una carrellata di frasi indimenticabili pronunciate da professori e assistenti vari:

Ho bisogno della vostra carotide per fare degli esperimenti.
Questo piano è più tangente degli altri.
Nella definizione di “limite” non dovete farvi condizionare dai termini “più infinito” e “meno infinito”. Chiamateli “chiocciolina” e “testa di mucca”.
Questo esercizio è facile come una pisciatina.
Questo esercizio lo vediamo la prossima volta (Nota Bene: era l’ultima lezione).

venerdì, giugno 08, 2007

Benzinai

Visto che ieri e l'altro ieri c'era lo sciopero dei benzinai...
Gustatevi questa!


lunedì, giugno 04, 2007

Sincera-Mente

Alessandro Baricco scriveva in un suo libro (credo fosse Oceano Mare) che uno si fa i suoi sogni, ma poi la vita non ci sta a giocarci assieme.
E aveva ragione. Assolutamente ragione.
Però può anche succedere che a volte la vita ci sta, ma basta che tu abbia una esitazione (facciamo pure anche due) e va avanti a giocare senza di te con qualcun altro, dopo aver vinto i tuoi sogni.
Per non parlare dei bluff.
Allora succede che non ti rassegni e continui ad alzare la posta, a rilanciare, in un compulsivo istinto di cocciuta autodistruzione.
Almeno fino a quando la vita non si alza dal tavolo e se ne va, oppure quando tutte le carte di ogni mazzo finiscono e non puoi neanche più bluffare.
Credo che questo si chiami, molto generalmente, passato.
A quel punto non esistono più vincitori né vinti.
Almeno fino alla prossima partita, da giocartela fino in fondo, se hai abbastanza soldi; pardon, volevo dire sogni...
Una mattina apri gli occhi
e ti accorgi
Che le idee non bastano
a tenere vivi i ricordi
Così chiudi gli occhi
e capisci
Che non è andata
come hai creduto
Che non è stato
quel sogno annunciato
E che non hai neanche
come avevi una volta
Neanche lo straccio
di un senso di colpa.

Sinceramente di te
non mi importa più niente
Sinceramente di te
non mi importa più
Sinceramente di te
non mi importa più niente
Sinceramente di te non mi importa più.
Hai visto cose che non c'erano
Restano solo i bei ricordi
Scava sottoterra
dove hai nascosto i resti
Dell'idea di una storia.
Sinceramente di te
non mi importa più niente
Sinceramente di te
non mi importa più
Sinceramente di te
non mi importa più niente
Sinceramente di te
non mi importa più.

In realtà eri solo avida
Curiosa e vogliosa
E credo di poter dire
Che l'amore è un'altra cosa.
In realtà eri solo arida
Curiosa e golosa
Ma credo di poter dire
Che l'amore è un'altra cosa
Che l'amore è un'altra cosa.
L'amore è un'altra cosa…