Frammenti di (Pier)Pioggia

Pensieri e parole alla ricerca di un'identità

giovedì, maggio 24, 2007

Il ping-pong e il rap del sig. Carlo

Ma sì, ogni tanto qualche flash back sul Bellaria si può fare, visto che digitando su Google "bar bellaria" il mio blog è la seconda occorrenza...
Oggi parliamo di cos'era e com'era il "tennis dei poveri" al bar...
Il ping-pong fa in genere la staffetta col biliardo, infatti i due tavoli non possono coesistere a causa della ridotta dimensione della sala dove solo ubicati, quindi a turno vengono vicendevolmente rimpiazzati. La regola che governa il passaggio da un gioco all’altro è naturalmente la distruzione fisica del tavolo, la cui durata si aggira mediamente sui 14 mesi per un biliardo e può arrivare fino a 20 per un ping-pong. A differenza di un tavolo da biliardo, su quello da ping-pong ci si può anche sedere, consumare bevande e giocare a carte, cosa che naturalmente fa inalberare tremendamente il sig. Carlo, il quale involontariamente, riprende gli indisciplinati a ritmo di rap:
giù dal ping-pong
se vuoi giocare a carte vai da un’altra parte
giù dal ping-pong
scendi immediatamente se no ti rompo un dente
giù dal ping-pong
se fate pure chiasso vi arriverà uno schiaffo
Clamorosa la volta in cui il Bo (chiamato così per abbreviare il suo nome di battesimo, Robertino, ma c’è anche chi assicura che non riuscendo a trovargli un soprannome qualcuno abbia detto «Boh» e così si sia poi deciso di chiamarlo) con uno smash riuscito malissimo centrò in pieno un buco nel soffitto, dal quale ricaddero la pallina ed un topolino (che per legge fisica toccarono contemporaneamente il tavolo da ping-pong, uno al di qua della rete, l’altro al di là, originando seri dibattiti sulla convalida o meno del punto).
Le racchette sono il vero oggetto del desiderio di ogni giocatore, almeno quelle ancora in buone condizioni, col manico integro e la superficie di gomma intatta. Per accaparrarsi le racchette migliori i giocatori spesso si azzuffano come galli in un pollaio, oppure sono costretti a superare prove sfiancanti come il salto in largo del cane Greta, la roulette dell’insalata russa del sig. Carlo e il lancio della sigaretta (per mettere fuori uso gli avversari a mezzo incendio). Il rischio di giocare con una racchetta in cattive condizioni può esplicitarsi col distaccamento di alcune parti della medesima durante il gioco, col conseguente effetto “scheggia impazzita” del frammento che rimbalza per le pareti del bar come una pallina sui respingenti di un flipper.
Causa panchine e ammennicoli vari non identificati, nel tentativo di rispondere all’avversario si può incautamente sbattere la racchetta contro la parete in legno, con conseguenze deleterie per quest’ultima, che in effetti col tempo tende ad assumere l’aspetto di un groviera stagionato.

8 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Una boccata d'ossigeno intanto me la sono respirata..ora metabolizzo e poi commento.
Grazie in the meantime :-)
Elisa

24 maggio, 2007 14:14  
Blogger lucia said...

che bello questo stralcio di vita da bar Bellaria. Mi ricorda le partite a ping pong che si facevano al mare. Tavolo di cemento dipinto di verde. Racchette sfasciate a fine stagione e una pallina che finiva sempre fra i cespugli della pineta anitstante.
Lascio qui un abbraccio che spero "riscuoterai" al più presto.

25 maggio, 2007 16:36  
Anonymous Anonimo said...

Mi torna in mente un piccolo paese in Romagna, dove ho vissuto per qualche tempo a causa del lavoro di papà: lì c'era un bar in un giardino comunale che aveva il ping pong e il biliardino e a cui facevano riferimento tutti gli adolescenti del luogo. A biliardino ero un drago ma a ping pong facevo pena... un giorno il ragazzino che mi piaceva e che credevo non si fosse nemmeno accorto che esistessi mi chiese di giocare con lui. a ping pong, ovviamente. Ricordo solo che dopo i primissimi tiri la pallina del ping pong finì in prossimità della capretta del proprietario del bar, che se la mangiò come se fosse stata una caramella..fu la mia prima delusione d'amore :-/
Capre e ping pong non vanno d'accordo!
Elisa

27 maggio, 2007 00:07  
Blogger danDapit said...

Devo fare una confessione...Una confessione TERRIBILE!
io non so giocare a ping pong!
Il che significa che non ho ricordi legati al Ping-pong.
Anzi, ne ho alcuni, ma sono tristi!
Quando, adolescente, guardavo gli altri giocare, e vergognandomi di non saperlo fare, rifiutavo di cimentarmi, restando a guardare.
Che peccato non essere stata intraprendente, e aver osato!
Bello il racconto, soprattutto il rap del sig. Carlo!!!
^___^

27 maggio, 2007 00:23  
Anonymous Anonimo said...

Ciao Pier! Un salutino.... :)
Arianna
P.s.: ti ho mandato due @ non ti sono arrivate??

28 maggio, 2007 09:10  
Blogger Pier said...

ucia: Il ping pong è un divertimento abbastanza ricorrente al mare, e la pallina si nasconde sempre nei posti più difficili per il recupero!
A volte basta un rumore leggero a risvegliare i ricordi.
Abbraccio riscosso e ricambiato!

Elisa: Insomma come si dice col ping pong non sei riuscita a salvare... capre e cavoli! :-)
E col ping pong non si può neanche "rullare" (almeno in questo modo avresti tramortito la capra) :-D

Dandapit: Non è necessario essere dei campioni per potersi cimentare in un gioco! E poi ciò che conta è divertirsi e questo si può ottenere anche non essendo dei fenomeni. Ricordo quando giocavamo a tennis tra noi scarponi, erano tutte palle ciccate o sulla rete, ma ci divertivamo tantissimo!

Arianna: Ciao, le mail sono arrivate ma non ti ho ancora risposto, scusa... Ma lo farò al più presto!

28 maggio, 2007 14:41  
Anonymous Anonimo said...

:-) povera capra! anche se una rullata sul muso in quel momento gliel'avrei mollata mooolto volentieri!
Si vede che non s'aveva da fare...
Ma il Sig. Carlo che fa ora senza bar?
Elisa

28 maggio, 2007 18:23  
Blogger Pier said...

Elisa: Le capre erano tra le poche speci animali che non si potevano incontrare al bar!
Il sig. Carlo forse ha anche cambiato paese, è divetato nonno e si dice che abbia pure lasciato la moglie...

29 maggio, 2007 11:09  

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