Frammenti di (Pier)Pioggia

Pensieri e parole alla ricerca di un'identità

mercoledì, ottobre 24, 2007

Pier, l’Oceano mare e la Pioggia

Guardate questa foto, scattata a Portovenere nel 1992.
Si vede un ragazzo coi capelli da uomo, con lo sguardo un po’ smarrito e un po’ puntato verso l’orizzonte di un Oceano mare per cercare di focalizzare la giusta direzione… E l’amica pioggia come compagna di ventura.



Il blog chiude qui, almeno per un po’.
Ma non vi lascio soli. Sapete che non mi piace.
Vi lascio una piccola galleria fotografica e una canzone per potervi accompagnare…

Quando io
morirò sarà un giorno qualunque
come quelli che già sono andati
o quelli che ci sarebbero stati
ma sarà come va per chiunque
Anche io
che ho vissuto e vivrò uguale a tanti
come se si campasse in eterno
con la vita che va sempre avanti
anche se questa vita e un inferno

E avrà un senso ma non uno scopo
se il passato non passò per niente
se il futuro non fu neanche dopo
ed il presente e sempre assente
mentre si snoda
la mia storia sul rullo sfuggente
dei titoli di coda


Amori miei
sarà duro restare a digiuno
dell'amor che dovrò dare indietro
e riportare quei vuoti di vetro
anche se ci sta un po' di qualcuno


Figli miei vi lascerei
se potessi una casa più grande
una con mille e più fumaioli
e risposte per cento domande

che cresciate un po' meno da soli



Ma da soli si e in ogni copione
quando il pubblico non grida fuori

e non si alzerà mai più il telone
e anche se muori non c'è emozione
nè primi piani
per quest'ultima interpretazione
chi batterà le mani



Se si accende la luce e ci inchioda
sui titoli di coda
E non ci son più scene
dove veder se hai recitato bene
o male
Cambiare un po' il finale
prima che il mondo
rida o si commuova
applauda o se ne vada
ai titoli di coda ...

giovedì, ottobre 18, 2007

I premi Ig Nobel 2007

Come un anno fa, mi pregio di riportare questa importante serie di riconoscimenti, alcuni dei quali non possono certo passare inosservati. Gli organizzatori stessi degli ambiti premi, parlando di questi studi, dicono che "non possono o non dovrebbero essere riprodotti".
In effetti gli IgNobel per la chimica e per la linguistica sono veramente allucinanti…

MEDICINA: Brian Witcombe di Gloucester, Regno Unito, e Dan Meyer di Antioch, Usa, per uno studio sugli effetti collaterali di mangiare le spade

FISICA: Lakshminarayanan Mahadevan della Harvard University, Usa, e Enrique Cerda Villablanca dell'Università di Santiago del Cile per aver studiato come le lenzuola si spiegazzano

BIOLOGIA: Johanna E. M. H. van Bronswijk dell'Università della Tecnologia di Eindhoven, Olanda, per un censimento di tutti gli organismi che vivono nel letto

CHIMICA: Mayu Yamamoto dell'International Medical Center del Giappone per la scoperta di un modo per estrarre vanillina, la fragranza e l'aroma della vaniglia, dallo sterco di mucca

LINGUISTICA: Juan Manuel Toro, Josep B. Trobalon e Núria Sebastián-Gallés dell'Università di Barcellona per aver dimostrato che i ratti a volte non riescono a distinguere tra una persona che parla giapponese al contrario e una che parla olandese al contrario

LETTERATURA: Glenda Browne di Blaxland, Australia, per il suo studio sull'articolo inglese "the" e sui problemi che crea a chi deve fare elenchi in ordine alfabetico

PACE: Air Force Wright Laboratory di Dayton, Usa, per aver suggerito lo sviluppo di un'arma chimica, la cosiddetta "bomba gay", capace di sviluppare un'irresistibile attrazione sessuale tra i soldati nemici

ALIMENTAZIONE: Brian Wansink della Cornell University, Usa, per aver studiato l'appetito apparentemente illimitato degli esseri umani dando loro da mangiare una quantità illimitata di zuppa

ECONOMIA: Kuo Cheng Hsieh di Taichung, Taiwan, per aver brevettato nel 2001 un meccanismo che cattura i rapinatori di banche gettando su di loro una rete

AVIAZIONE: Patricia V. Agostino, Santiago A. Plano and Diego A. Golombek dell'Università Nazionale di Quilmes, Argentina, per aver scoperto che il Viagra facilita il recupero del jetlag nei criceti.

venerdì, ottobre 05, 2007

Bruci la città

Adesso che la sera scende prima dal soppalco del cielo sulla platea lombarda, centinaia di luci illuminano le strade col pretesto di darle conforto. Sono lampioni a versare fasci di fredda luce a forma di imbuto per le strade, sono insegne sudate che tentano la tua attenzione per farti entrare nel loro microcosmo. E sono tante luci rosse di ordinate automobili agli ordini di un’altra luce rossa, quella severa dei semafori disseminati sul percorso di ogni giorno.
Sono queste che mi colpiscono maggiormente.
Sembrano tante spie accese, tanti piccoli segnali di qualcosa che non va. La stessa sensazione che racconta Fabio Concato in una sua canzone di qualche anno fa.
L’autoradio in coda invece passa James Blunt e la sua “1973”. I freschi scambi di lingua inglese mi consentono temporaneamente di agganciare un nome noto e scaglie di pensieri disseminati tra i meandri del testo. In questo fluire di parole rimbalza una frase ricorrente, quel “here we go again” che mi riconduce malizioso a promesse non mantenute e silenzi prolungati.
In un ormai vetusto autunno gentile avevo sentito parole molto simili, dette in italiano, here we go again.
La storia si ripete in modo strano. La storia siamo noi. Noi siamo strani.
Sono già passati tre autunni da quella frase, ma here we go again è rimasta un’idea, un palloncino sospeso in cielo, sempre più lontano e infine scomparso all’orizzonte, fagocitato dal tempo come un fiume di ricordi in secca.
Secco come le foglie d’autunno in un parco.
Dove i colori stridono caldi per una stagione che annuncia il freddo, come se lo volessero allontanare.
Non so perché ma le foglie che cadono mi ricordano le prime partite di calcio all’oratorio. Mi ricordo mentre giocavo mia madre che raccoglieva le foglie cadute dagli alberi di quella strada; servivano per coprire il giardino, in modo che avesse un po’ di riparo dal gelo.
Penso che anche i ricordi svaniscono e tutto viene cancellato. Qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure, ma sono solo i segni di una gomma imperfetta.
Si è posata stanca sul vetro dell’auto una foglia secca, la prima di questo autunno.
Penso che non dovrebbe essere lì quella foglia. Ogni cosa deve essere al suo posto, e questa foglia è nel posto sbagliato. Mi torna in mente quando da bambino provavo questa sensazione, sentirmi nel posto sbagliato, e questo faceva implodere tutta la mia intraprendente timidezza.
Un colpo di tergicristallo e la foglia è spazzata via; ma so di non lasciarla sola, perché presto altre foglie cadranno a farle compagnia e formare una fronda svigorita.
Oggi anch’io ho cancellato qualcuno, come la foglia caduta dall’albero.
Adesso forse capirò anch’io cosa vuol dire dimenticare.