Ieri ho fatto un giro per la piazza.
Era da un po’ di mesi che mancavo a questo appuntamento, avendo anche volutamente evitato il gomitolo di gente che si ingorga per la piazza nel periodo natalizio; una cosa che mi da fastidio è il doverla fare perché “la fanno tutti”.
L’aria è frizzante ma non fastidiosa, così come i suoi ancestrali erranti residui di umidità lomellina. La luce del giorno volge al termine, ma posso già piacevolmente accorgermi che il crepuscolo si fa a poco a poco sempre più attendere.
Non è stata una gran giornata, e a complicare anche i problemi più banali si è messo un Torino inguardabile, abulico e sfilacciato come una vecchia corda di chitarra. Per questo mi incavolo ma posso sperare in Cairo, mentre per le preoccupazioni vere e proprie le speranze devono per forza essere riposte nei discepoli del prof. Alois.
Dovessi fare un pronostico però punterei su un x2.
Comunque proviamo a goderci questa breve vacanza da tutto, un giro di vasca (così si dice da queste parti) come fosse un giro di giostra.
Mi piace osservare, per leggere o decriptare ciò che può esserci oltre uno sguardo, una parola, un pensiero. Si tratta di dettagli, cioè i marker che fanno la differenza tra quello che vuoi sembrare e quello che sei veramente.
Nel teatro questo conta moltissimo per essere credibile nella parte di un personaggio.
Ma anche la vita è un grande palcoscenico.
E allora vai con la recita.
Ci sono ragazzine più "mascara e fondotinta" che "acqua e sapone" ad ostentare più anni di quelli che hanno, e ancora non immaginano che tra poco lotteranno per suscitare l’effetto contrario.
Ci sono coppie che girano sfacciatamente orgogliose, e una donna che sfugge a un tentativo di effusione del suo compagno, ma non sembra per imbarazzo, quanto per distacco.
Ci sono persone che passeggiano in fretta da sole, forse per cercare sé stessi in mezzo alla confusione.
C’è un capannello di gente che osserva divertito e riprende coi telefonini l’azione di due pattuglie di vigili del fuoco accorsi ad intervenire in un bar. Tutto fa spettacolo, penso. Purtroppo, penso.
Ci sono voci ed accenti che fatico a riconoscere.
Ci sono negozi che non hanno tenuto il passo e si sono arresi, e per vergogna hanno le serrande abbassate come uno sguardo umiliato.
Tutte cose che prendono il tempo lasciato che e lasciano il tempo che trovano.
Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma, dice il principio di Lavoisier.
Già, tutto si trasforma, e se cammini troppo in fretta non ti accorgi nemmeno di questo; a volte è tutt’altro che un male, ma il problema è che quando ti fermi ti accorgi di colpo di aver perso qualcosa (o qualcuno) e ne senti maggiormente la mancanza.
È quando piove che si dimenticano gli ombrelli.
Ci si dimentica di loro proprio quando smette.
E ci si ricorda di loro solo quando ricomincia a piovere.
Va tutto bene. Non sono solo.
Sono solo dall’altra parte della strada.
Non mi interessa l’intervista radiofonica all’allenatore Novellino, insoddisfatto perché è mancato l’orgoglio e le giustificazioni secondo le quali «quando si sbaglia diventa tutto difficile». Intanto a forza di sbagliare abbiamo 17 punti in 18 partite e Torino – Livorno è finita 1 – 2.
Cambio stazione e trasmettono wish you were here.
Va tutto bene. Non sono solo.
Penso che sono solo dall’altra parte della strada.
Tutti questi sono segni del destino, penso.