Frammenti di (Pier)Pioggia

Pensieri e parole alla ricerca di un'identità

mercoledì, maggio 30, 2007

Il biliardino

Un altro tipico divertimento da bar è il biliardino, detto anche calciobalilla (che nonostante l’apparente accezione del termine non è un passatempo per soli giovani di destra).
Il biliardino è semplice da giocare, infatti anche i peggiori giocatori possono ricorrere alle rullate, che consistono in un movimento continuo a 360° degli omini attorno all’asta alla quale sono fissati, come le pale di un mulino. La rullata può produrre un rumoroso effetto ventilazione nel caso in cui la pallina non venga colpita, oppure, in caso contrario, la sua ripida impennata con conseguenze rovinose che vanno dalla rottura di un vetro al distacco della retina.
Il recupero di una pallina da biliardino è più semplice di quello da ping-pong perché essendo più solida e rumorosa riesce a superare l’attrito della polvere, e se arriva addosso al cane lo tramortisce per il tempo necessario al suo recupero.
Secondo i decani del bar, il vero giocatore di biliardino non ricorre ai ganci, cioè quei movimenti che consentono di passare la palla da un giocatore a un altro appartenente alla stessa linea per poi tirare; su questo argomento si scatenano discussioni interminabili con tanto di due tornei separati, nei quali in un caso i ganci valgono e nell’altro no, proprio per stabilire chi sia veramente il più bravo. I tornei si svolgono a coppie e ovviamente vedono vincitori due coppie diverse per torneo, impedendo di mettere la parola fine alle discussioni.
Una furbata abbastanza diffusa tra i frequentatori più giovani del bar è quella di chiudere le porte con sacchetti di patatine, in modo da impedire, in caso di goal, alla pallina di scendere all’interno del biliardino e quindi avere la possibilità di giocare a piacimento senza dover inserire nuova moneta. I sacchetti di patatine hanno anche il pregio di poter essere utilizzati, dal lato unto, come foglio lubrificante per le aste del calciobalilla; così lubrificate le aste risultano molto scorrevoli, forse pure troppo per il focoso Gigi che durante un tentativo di salvataggio riuscì a sfondare il legno della parete laterale di supporto, ritrovandosi con l’asta in mano.
Anche questo trucco viene però presto scoperto dal sig. Carlo, non fosse altro per l’elevato ed improprio numero di sacchetti di patatine vuoti ritrovati all’interno del biliardino, invece delle classiche 200 lire, delle monetine dell’Ergo spalma o dei gettoni dell’autoscontro Bridio. Il principale responsabile viene ovviamente individuato in Bisicchino, che nonostante i ripetuti tentativi di discolparsi è costretto a sentirsi dire ancora una volta:
« Oltre che fetent 'è pure bugiard »

martedì, maggio 29, 2007

Auguri tra la Terra e il Cielo

Il 29 maggio è un giorno un pò particolare...
...Come un anno fa...

...Auguri, papà.

giovedì, maggio 24, 2007

Il ping-pong e il rap del sig. Carlo

Ma sì, ogni tanto qualche flash back sul Bellaria si può fare, visto che digitando su Google "bar bellaria" il mio blog è la seconda occorrenza...
Oggi parliamo di cos'era e com'era il "tennis dei poveri" al bar...
Il ping-pong fa in genere la staffetta col biliardo, infatti i due tavoli non possono coesistere a causa della ridotta dimensione della sala dove solo ubicati, quindi a turno vengono vicendevolmente rimpiazzati. La regola che governa il passaggio da un gioco all’altro è naturalmente la distruzione fisica del tavolo, la cui durata si aggira mediamente sui 14 mesi per un biliardo e può arrivare fino a 20 per un ping-pong. A differenza di un tavolo da biliardo, su quello da ping-pong ci si può anche sedere, consumare bevande e giocare a carte, cosa che naturalmente fa inalberare tremendamente il sig. Carlo, il quale involontariamente, riprende gli indisciplinati a ritmo di rap:
giù dal ping-pong
se vuoi giocare a carte vai da un’altra parte
giù dal ping-pong
scendi immediatamente se no ti rompo un dente
giù dal ping-pong
se fate pure chiasso vi arriverà uno schiaffo
Clamorosa la volta in cui il Bo (chiamato così per abbreviare il suo nome di battesimo, Robertino, ma c’è anche chi assicura che non riuscendo a trovargli un soprannome qualcuno abbia detto «Boh» e così si sia poi deciso di chiamarlo) con uno smash riuscito malissimo centrò in pieno un buco nel soffitto, dal quale ricaddero la pallina ed un topolino (che per legge fisica toccarono contemporaneamente il tavolo da ping-pong, uno al di qua della rete, l’altro al di là, originando seri dibattiti sulla convalida o meno del punto).
Le racchette sono il vero oggetto del desiderio di ogni giocatore, almeno quelle ancora in buone condizioni, col manico integro e la superficie di gomma intatta. Per accaparrarsi le racchette migliori i giocatori spesso si azzuffano come galli in un pollaio, oppure sono costretti a superare prove sfiancanti come il salto in largo del cane Greta, la roulette dell’insalata russa del sig. Carlo e il lancio della sigaretta (per mettere fuori uso gli avversari a mezzo incendio). Il rischio di giocare con una racchetta in cattive condizioni può esplicitarsi col distaccamento di alcune parti della medesima durante il gioco, col conseguente effetto “scheggia impazzita” del frammento che rimbalza per le pareti del bar come una pallina sui respingenti di un flipper.
Causa panchine e ammennicoli vari non identificati, nel tentativo di rispondere all’avversario si può incautamente sbattere la racchetta contro la parete in legno, con conseguenze deleterie per quest’ultima, che in effetti col tempo tende ad assumere l’aspetto di un groviera stagionato.

giovedì, maggio 17, 2007

Father to son

Dopo il fantastico successo del post precedente, prendendo spunto da una chiacchierata con Danda, ho deciso di postare e condividere con voi alcuni brevi pensieri circa un ipotetico rapporto tra padre e figlio.

Non si tratta di uno sfogo; è soltanto una percezione a voce alta.

Certe cose si “sentono”.
Altre si fanno.
E capita anche di fare cose senza “sentirle”.

Ci sono cose che non riesco proprio a capire. Per esempio:
Non riesco a capire come si faccia a trattare male o trascurare i propri figli.
Non riesco a capire come si faccia a fare figli per inerzia o perché ci si sente costretti dall’anagrafe.
Non riesco a capire perché certi genitori non accettino che anche i loro figli possono sbagliare, e li difendono anche quando hanno torto marcio, magari alzando pure la voce.
Non riesco a capire il volto costantemente triste di una donna incinta…

Dopo quello che non capisco, ecco quello che penso:
Penso che un figlio sia davvero la prosecuzione della propria vita, ma poi vive (e DEVE vivere) di vita propria. Altrimenti diventerà quantomeno un insicuro. Un genitore può mettere a disposizione la propria esperienza per dare una direzione, può "insegnare 1000 trucchi per soffrire meno" (come canta la Mannoia su un testo di Daniele Silvestri) ma poi è il figlio che sta in mezzo e vive certe situazioni. Ed è soprattutto lui che le deve gestire.

Sapete, io non mi ci vedo proprio come padre. Sarei troppo ansioso e presente. Potrei (forse) solo cercare di convincere il mio cucciolo che nella vita esistono le sconfitte, e fino a quando non le accetti non le superi mai veramente.
E poi potrei convincerlo a credere di più nei sogni e nel suo istinto.
Io non ce l'ho fatta...

…and now, I have to go…

martedì, maggio 15, 2007

TU MANGIA !!!

Non sono un grande cultore della saga di Fantozzi ma questa scena mi ha sempre divertito una cifra!



OT (un aneddoto per capire il personaggio): Ho visto Paolo Villaggio a teatro tre anni fa e durante lo spettacolo ha chiesto se fosse presente un cardiologo in sala. Tutti si sono un pò spaventati, alla fine ha fatto un colloquio a microfono aperto col cardiologo chiedendogli spiegazioni sulle patologie cardiache e soprattutto se il giorno dopo sarebbe stato in reparto perchè voleva avere una visita gratuita.

Tutti (cardiologo compreso) pensavano che scherzasse, ma il giorno dopo si è presentato sul serio in ospedale per essere visitato!

giovedì, maggio 10, 2007

Top 5 Books

Raccolgo la nomination di Danda e segnalo 5 tra i miei libri preferiti, quelli che ogni tanto rileggo e dei quali ho metabolizzato qualcosa. Per ogni libro citerò quella che per me è la frase più rappresentativa, segnalandola come "frase storica".
Sulle mie scelte molto ha sicuramente pesato la mia passione per la musica, infatti la mia top five prevede (in ordine assolutamente casuale):

Luciano Ligabue - Fuori e dentro il borgo
Avevo detto a più riprese che al Ligabue cantautore preferisco di gran lunga il Ligabue scrittore e regista. In particolare questo libro di racconti mi piace quando evoca i momenti e le storie del suo paese natale, Correggio; l'argomento, come avrete capito dai miei racconti sul bar Bellaria, mi appassiona molto, ed è proprio quello che è successo leggendo le pagine di questo libro. In fondo si parla di sogni (la radio privata costriuta in maniera artigianale) e di realtà (le storie di paese appunto), in un'atmosfera ancora incantata, vergine come lo spazio radio della FM di allora, gli anni '70. Tra i racconti da non perdere "una storia d'amore di via Carioli" e "Bonanza ai tempi del kung fu".
Frase storica:
«Editor, quanti buoni piagnisteo ho? Uno solo? Benissimo, allora me lo gioco qui. Quella radio non me la ridarà più nessuno.»

Franz di Cioccio - Due volte nella vita
Adesso voi vi chiederete chi accidenti sia questo Franz di Cioccio (sono sicuro che il mio amico Gidi risponderebbe subito) e in effetti non è uno scrittore, ma il batterista della PFM (Premiata Forneria Marconi), un gruppo di musicisti innovativi e tecnicamente molto validi (Impressioni di settembre per esempio credo l'abbiate ascoltata un pò tutti) che tra l'altro è stata la prima band italiana ad ottenere nel suo genere un più che discerto successo sia in USA che in Inghilterra.Il libro racconta la storia del gruppo in modo avvincente e senza trascurare spunti divertenti, sottolineando l'importanza di fare tesoro dalle esperienze precedenti e di come la forza di volontà, il credere in sè stessi e il coraggio di credere al proprio istinto, possano portare a risultati insperati.
Frase storica:
«Voglio vivere bene ogni singolo momento della mia vita, perché è irripetibile. Non posso vivere a cinquant'anni facendo finta di averne venti e neanche passando il tempo a pensare a cosa succederà quando ne avrò sessanta. Va a finire che mi perdo i cinquanta.»

Alessandro Baricco - Novecento
Guarda caso, si parla di un musicista anche qui. Un trovatello, Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, nato su una nave dalla quale non è mai voluto scendere. Dev'essere un pò come avere paura di tutto quello che non si conosce, anche se in questo monologo si tratta di una paura ribaltata: di solito è il mare a fare paura, qui invece è la terraferma a spaventare il protagonista. Le pagine si susseguono in modo struggente, il pianista che non è mai sceso dalla nave, con la forza del suo istinto riesce anche a sconfiggere a suon di applausi un pianista affermato e presuntuoso. Come a dire che la differenza la fa la passione, il cuore, non la tecnica. Scusate ma a leggere e vedere a teatro questo monologo mi ha pure commosso.
Frase storica:
«Non sono pazzo, fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il sistema per salvarci. Siamo astuti come animali affamati. Non c’entra la pazzia. È genio, quello. È geometria. Perfezione. I desideri stavano strappandomi l’anima.
Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati.
E a uno a uno li ho lasciati dietro di me.
Geometria.
Un lavoro perfetto.»

Cesare Pavese - Il mestiere di vivere
Una relazione su questo libro l'avevo preparata per l'esame di maturità, mi aveva colpito molto questo diario che fu ritrovato tra le carte dello scrittore solo dopo il suo suicidio (forse cagionato da una delusione amorosa), nel quale l'autore raccontava tutto se stesso e le sue fragilità. Attraverso le pagine di un diario puoi ricostruire oltre che la vita anche la vera anima di una persona e nel caso di Pavese era sicuramente quella di un profondo ed inquieto artista.
Frase storica:
«Ti stupisci che gli altri ti passino accanto e non sappiano, ma quando tu passi accanto a tanti e non sai, non t’interessa qual è la loro pena, il loro cancro segreto?»

Groucho Marx - O quest'uomo è morto, o il mio orologio si è fermato
A questo geniale, irriverente ed irresistibile umorista ho decicato a suo tempo un post su questo blog. In questo libro si trova quasi tutta la sua carriera artistica, dai testi dei film, a quelli di uno show che conduceva in prima persona ed anche gli scritti del suo periodo come giornalista freelance. Spassosissima la corrispondenza con l'ufficio legale della Warner Bros, nelle quali alla freddezza minacciosa dei codicilli Groucho contrapponeva imperterrito la sua folle verve umoristica. E per la cronaca, la spuntò lui!
Frase storica:
«Dal momento in cui ho preso in mano il libro fino a quando l'ho rimesso al suo posto non ho smesso di ridere per un attimo. Un giorno ho intenzione di leggerlo.»

venerdì, maggio 04, 2007

I giorni che piove


Sono due giorni che da queste parti piove, e la cosa mi fa anche piacere, un po’ perché come avrete capito adoro la pioggia e un po’ perché in effetti fiumi e campi ne avevano bisogno.
Però perché ogni volta che si scatena un temporale violento il mio paesello diventa suo malgrado una piccola Venezia???


Oltretutto non è che sia acqua pulita, è acqua di ritorno dalle fogne intasate!!!
Invece che guardare la semifinale di Champions League come tutte le persone mediamente appassionate di calcio, ho passato la serata ad evacuare con stracci e secchi cantina e garage. Un simpatico modo per fare palestra e sci d’acqua tra le bottiglie di vino.
La grandine ha anche lasciato nel cortile questo simpatico strato simile a neve…


…più un altro divertente ricordo: il mio ombrello (teoricamente riparato dalla tettoia) che aperto la mattina dopo mi ha scaricato in testa la grandine accumulata la sera prima, e divelto una bacchetta che si prontamente fiondata, all’apertura, sulla falange del mio pollice sinistro...