Frammenti di (Pier)Pioggia

Pensieri e parole alla ricerca di un'identità

giovedì, giugno 29, 2006

La puzza di benzina mi fa girar la testa (ma non solo)


Indovinello (ma questo è più facile di quelli di Lophelia :-D): che cos’ è l’oggetto della fotografia sottostante?


Beh, era abbastanza facile… E’ una pompa della benzina, precisamente quella di una punto 60 del 1996… Se riguardate attentamente la foto, scoprite che però manca un pezzo, dal quale zampillava un po’ di carburante, infatti nell’abitacolo si sentiva puzza di benzina… L’avete notato?

Se non lo avete notato, ecco un bello zoom sul colpevole:

Ora l’altro indovinello…
Chi mi sa spiegare perché questa cavolo di azienda che si chiama Fiat non produce ricambi specifici e per colpa di quel cazzillo sono stato costretto a cambiare TUTTA LA POMPA DELLA BENZINA (che era perfettamente funzionante)???

martedì, giugno 27, 2006

L'essenziale è invisibile agli occhi

Tra i giri di mail che danno un po’ più di senso alla mia giornata di lavoro, oltre a quelle divertenti ne arrivano alcune con significati profondi (ovviamente non sto parlando delle trivelle di petrolio – fino a qualche anno fa ne avevo una a tre chilometri da casa ma poi non hanno trovato nulla, ma questo è un altro discorso); questa che mi ha girato Deborah vale davvero la pena leggerla…

Un giorno si riunirono tutti gli dèi e decisero di creare l'uomo e la donna e pianificarono di farlo a loro immagine e somiglianza.
Dobbiamo però pensare a qualcosa che li differenzi da noi, dissero, altrimenti staremmo creando dei nuovi dèi. Dobbiamo togliere loro qualcosa, però che gli leviamo?"
Dopo molto pensare uno di essi disse: "Ah, lo so,toglieremo loro la felicità, però il problema sarà dove nasconderla perchè non la trovino mai."
Il Primo propose: "Nascondiamola in cima al monte più alto del mondo". Al che immediatamente rispose un altro: "No, ricordati che abbiamo dato loro la forza, prima o poi qualcuno salirà fin lassù e la troverà e se la trova uno, anche tutti gli altri sapranno dove trovarla".
Un secondo propose allora: "Nascondiamola nel fondo del mare". Gli rispose qualcun'altro: "No, ricorda che abbiamo dato loro l'intelligenza, prima o poi qualcuno costruirà una macchina con la quale potrà raggiungere il fondo del mare.

Un terzo propose: "Nascondiamola su di un pianeta lontano dalla terra" e subito gli risposero: "No, ricorda che con l'intelligenza un giorno qualcuno costruirà una nave spaziale con la quale potranno viaggiare verso altri mondi e la scoprirà e tutti avranno la felicità e saranno uguali a noi".
L'ultimo degli dei, che era rimasto in silenzio ascoltando attentamente ogni proposta degli altri dei, disse: "Credo di sapere dove metterla perché realmente mai la trovino".
Tutti si volsero verso di lui e domandarono all'unisono: "E dove?"
"La nasconderemo dentro loro stessi, saranno tanto occupati a cercarla fuori, che non la troveranno mai".
Tutti furono d'accordo e da allora è stato così che l'essere umano passa la vita cercando la felicità, senza sapere che la porta con sé.
"Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"

Questa ultima frase (che mi sembra sia tratta dal “Piccolo Principe”, nel capitolo della volpe) secondo me è pregnante ed assolutamente veritiera… E voi che ne pensate?

lunedì, giugno 26, 2006

Il Bar Bellaria (4): La TV

Parliamo oggi della TV. La scatola magica, la finestra costantemente affacciata sul mondo.
In realtà il mondo del bar è piuttosto piccolo, infatti la TV trasmette solo partite di calcio (praticamente banditi tutti gli altri sport, ad eccezione del ciclismo a fare il tifo per Bugno o Chiappucci e gufare Indurain – ma tutto questo avviene solo sullo schermo principale) oppure concerti rock ad un volume che non sembra alto, anche se gli altoparlanti vibrano più di un deltaplano. Anzi, pare proprio che sia questo livello di volume a tenere sospesi in alto i 4 monitor sistemati negli angoli superiori dei due stanzini nei quali si trovano, due per parte. Finché tutti e quattro gli schermi trasmettono lo stesso programma le cose vanno in maniera accettabile, quando nelle due stanze si proiettano programmi diversi le cose si complicano causa la presenza di fastidiose risonanze, per cui si può avere la sensazione di aver assistito ad un goal di Vasco Rossi su passaggio di Freddie Mercury durante un Milan – Wembley.
La vera novità degli anni 90 resta comunque la pay-tv. A partire dalla stagione 1993-94, Telepiù trasmette in diretta una partita del campionato di serie A, un posticipo che si gioca alle 20.30. Grazie ad un misterioso decoder (ed alla ancora più misteriosa definizione tecnica dello stesso: analogico terrestre) è possibile assistere per la prima volta ad una gara in diretta e ricostruire nella tranquilla intimità del bar del paese l’atmosfera di uno stadio. Perché infatti fino a questo momento le uniche partite visibili in diretta sono quelle giocate dalla nazionale, che più o meno (campanilismi a parte sull’utilizzo di un giocatore piuttosto che un altro) sosteniamo tutti. I costi del servizio sono accessibili solo per la prima stagione, per assistere a quella successiva è necessario accendere un mutuo. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, o se preferite la stessa di quando negli anni 60 si andava al bar per vedere Mike Bongiorno ed il suo telequiz Rischiatutto con l’abbacinante tabellone luminoso. Per chi tifa squadre con pochi tifosi c’è poca speranza, e i pochi adepti al culto di squadre come il Torino o il Genoa sono costretti a ritrovarsi a casa di qualche privato per assistere alla partita, come se partecipassero ad un convegno massonico. In genere ad assistere alle partite ci sono quelli che tifano per una squadra e quelli che gli gufano contro. Molto rari in questi primi appuntamenti sono le gare dove ci sono veri tifosi di entrambe le squadre in campo e in genere pur di gufare contro la Juventus o l’Inter si millantano simpatie per squadre come la Roma, il Cagliari o l’Udinese. Tali simpatie vengono prontamente accantonate nel caso in cui la settimana successiva questi club affrontino la vera squadra del cuore (o del fegato, dipende per che si fa il tifo).

venerdì, giugno 23, 2006

Negozi creativi

Mi hanno inoltrato questa mail e la pubblico perchè è veramente fortissima (Düssel tieniti alla sedia); sono alcune scritte apparse sulle vetrine di vari tipi di esercizi commerciali...


(panificio)
QUANDO VI DIVENTA DURO VE LO GRATTUGIAMO GRATIS E META' CE LO TRATTENIAMO.

(mobiliere)
SI VENDONO LETTI A CASTELLO PER BAMBINI DI LEGNO

(macelleria)
DA ROSALIA - TACCHINI E POLLI, A RICHIESTA SI APRONO LE COSCE

CARNE BOVINA OVINA CAPRINA SUINA POLLINA E CONIGLINA

(polleria)
POLLI ARROSTO ANCHE VIVI
SI AMMAZZANO GALLINE IN FACCIA
SI VENDONO UOVA FRESCHE PER BAMBINI DA SUCCHIARE

(sfasciacarrozze)
QUI SI VENDONO AUTOMOBILI INCIDENTATE MA NON RUBATE

(fiorista)
SE MI CERCATE SONO AL CIMITERO.....VIVO

(abbigliamento)
NUOVI ARRIVI DI MUTANDE, SE LE PROVATE NON LE TOGLIETE PIU'

NON ANDATE ALTROVE A FARVI RUBARE, PROVATE DA NOI
IN QUESTO NEGOZIO DI QUELLO CHE C'E' NON MANCA NIENTE
AL REPARTO BAMBINI 3 AL PREZZO DI 2
SI VENDONO IMPERMEABILI PER BAMBINI DI GOMMA

(autofficina)
VENITE UNA VOLTA DA NOI E NON ANDRETE MAI PIU' DA NESSUN'ALTRA PARTE

(derattizzazioni)
QUI ULTIMA CENA PER TOPI

(ferramenta)
SEGA A DUE MANI E A DENTI STRETTI: 50 EURO

(in una palazzina con officina artigianale sul retro)
SI VENDE SOLO DAVANTI, IL DIDIETRO SERVE A MIO MARITO

(negozio di mangimi)
TUTTO PER IL VOSTRO UCCELLO

giovedì, giugno 22, 2006

Il Bar Bellaria (3): L'arredamento

Come in ogni bar che si rispetti, anche il Bellaria ha il suo arredamento caratteristico; non trattasi però di mobili, lavelli o televisori ma bensì di Vezio e Greta. Piuttosto lontani entrambi dal concetto di genere umano (uno perché usurato da anni e anni di pere, l’altra perché effettivamente appartiene alla specie canina), li puoi trovare presenti a qualsiasi ora del giorno o della notte, in genere sempre negli stessi angoli, ormai identificati col nome dei loro occupanti abituali.
Greta è una simpatica cagnetta di razza pastore tedesco, che nel giro di poco tempo è diventata un lupo obeso; il suo angolo preferito è immancabilmente appena sotto le gambe del flipper, costringendo i giocatori ad inauditi esercizi di equilibrio circense nel tentativo di salvare palline e gambe, che rischiano di venire azzannate dal canide assonnato. Per questo al bar Bellaria al flipper (particolarmente accattivante è il magic theatre, dove le palline che entrano in una buca ed escono da un’altra forgiata a botola) si gioca quasi esclusivamente in due: uno si occupa delle palette del flipper, il compare funge da schermo per le codate di Greta, che in alcuni casi possono mandare in tilt il passatempo preferito dei giovani avventori. In realtà Greta è un’animale pacifico e tranquillo, ed il rischio di infortunio si concretizza esclusivamente nel tentativo di spostarla, perché è praticamente inerte, e pesando come un bue muschiato può provocare contusioni e schiacciamenti agli arti inferiori, oltre che naturalmente una fastidiosa lombosciatalgia.
Vezio è un ragazzo dall’apparente età oscillante tra i 20 e i 75 anni, vaga somiglianza col chitarrista dei Rolling Stones. La differenza sta nel fatto che Keith Richards tira le corde della chitarra, mentre Vezio tira di coca. In realtà egli è un grande poeta incompreso e filosofo anarchico, e lo si può ben comprendere proprio da una sua composizione amorosa e da un suo piccolo trattato a sfondo sociologico: “Che vette che vette / sono le tue tette / arrivederci goodbye / ma perché non me la dai”, oppure «Ma insomma, se tu vai in discoteca e trovi una con due tette così e poi non te la da dov’è sto comunismo di cui tutti parlano?». Memorabili sono i suoi momenti di meditazione, con una birra in mano. Qualcuno sostiene che la bottiglia sia sempre la stessa ma la riempie di volta in volta con birra alla spina, un po’ perché così costa meno e un po’ perché la prima bottiglia non si scorda mai. Nel pieno dei suoi pomeriggi meditabondi si ricorda questo aneddoto:
«Ragazzi, c’è il Vezio che sta guardando da due ore la TV!»
«Beh, cosa c’è di strano?»
«Che la TV è spenta.»

lunedì, giugno 19, 2006

Il Bar Bellaria (2): Il Gestore (reprise)

La vita nel bar bellaria scorre tranquilla (a parte qualche piccola rissa provocata da qualche esagitato, ma prontamente risolta dal sig. Carlo, la cui unica preoccupazione è che non si pestino nel locale; a questo scopo allontana di peso i contendenti e una volta fuori dal locale li riappacifica dicendo «Adesso potete continuare») e il tempo scandisce minuziosamente gli appuntamenti importanti, per esempio le pulizie complete del locale, effettuate con puntualità svizzera ogni 2 anni (ossia in concomitanza con gli europei e quindi i mondiali di calcio). Durante questi importantissimi appuntamenti sportivi, in casi particolari legati al fuso orario del paese organizzatore, è possibile partecipare ad un’agape fraterna nella quale si gustano cibi dalla provenienza esotica, come un risotto verde o una pasta grigia. Inutile domandare a Carlo di cosa si tratta perché risponde “segreto” e c’è da credergli per due buone ragioni: primo perché è grosso e cattivo, secondo perché effettivamente gli ingredienti sono un segreto anche per lui. E il fatto che non assaggi le portate rende la cosa ancora più inquietante. Verso la fine dell’estate, terminato il periodo di rodaggio culinario sui nostri stomaci, intorno a settembre troneggia sulla porta di ingresso un cartello con la seguente scritta: “Non fare il tacchino: assaggia i primi del Carlo”. Per quale ragione Carlo disprezzi così tanto i tacchini non è dato sapere, ma si sospetta che pure i suoi tacchini si siano rifiutati di mangiare la poltiglia (ecco perché si dice “cervello di gallina” e non “cervello di tacchino”), oppure che a seguito dell’ingestione del prodotto i tacchini abbiano subito una mutazione genetica e scorazzino senza controllo nella foresta sub-tropicale del cortile. Anzi, qualcuno sostiene che sia stata proprio la concimazione col risotto verde a fare crescere in modo spropositato la timida vegetazione del bar.

venerdì, giugno 16, 2006

Storia di un figura di...

Ieri sera ho fatto le prove di teatro (andremo in scena alla fine di ottobre, quindi un pò di tempo c'è) e ieri leggevo un post di Lophelia che dice di trovare interessante fotografare i camerini prima di andare in scena, così mi è tornato in mente un episodio di qualche mese fa (febbraio), quando abbiamo messo in scena uno spettacolo nel quale il protagonista assoluto era l'amore.
La sera delle prove generali ci siamo comportati come se fosse quella dello spettacolo, trucco compreso. Io non sono molto abituato a stare davanti allo specchio (anche perchè di solito lo specchio si volta dall'altra parte), considerando che tra l'altro di capelli ne ho pochi e corti, ma comunque serve un pò di trucco, e Katia (che recita una scena con me) si mette all'opera con fondotinta arancio per la faccia e matita intorno agli occhi.
Al ritorno a casa è una sciocchezza lavare via il fondotinta, ma l'operazione di pulizia della zona oculare si rileva più ardua del previsto, causa mancanza di cosmetici opportuni (almeno a mia insaputa). Dopo alcuni tentativi di provocarmi un orzaiolo per occhio, vinto dalla stanchezza me ne vado a dormire e non ci penso più...
Il giorno dopo vado tranquillo al supermercato e noto che qualcuno mi guarda in modo strano... Sul momento non capivo, poi ci sono arrivato: l'effetto della matita era ancora ben visibile (l'ho detto che lo specchio lo guardo poco)!!! Beh, insomma, per evitare "equivoci" (in ogni senso) mi sono tenuto gli occhiali da sole per tutto il resto della spesa...
Morale: mai usare le "armi" di una donna, se non si conoscono più che alla perfezione...

giovedì, giugno 15, 2006

Il Bar Bellaria

Qualcuno di voi, abituale frequentatore del blog di Serse conosce già questa storia a episodi. Ma la saga del bar Bellaria deve in qualche modo continuare, d'altronde in questo periodo è tutto un fiorire di bar che piazzano tavolini, ombrelloni e ammenicoli vari, come un gelato gigantesco di cartone con la scritta "Il gelato del 2000", che tre anni fa ha pensato bene di immaginarsi aquilone attraversando la strada a seguito di un colpo di vento. Più che il gelato del 2000 sembrava un gelato 2000 turbo diesel!
E poi, come ha sagacemente notato il giornalista Chespu, il mio paese è ad altissima densità di bar: uno ogni duecento abitanti, una media altissima (preciso che gli abitanti del paese sono maggiori di 200).
Bando alle ciance, ecco la prima puntata della saga del bar Bellaria, giusto per entrare nel clima, il seguito ai prossimi post...
Il bar bellaria è il punto di ritrovo di gran parte della meglio gioventù (più o meno giovane) del paese. E’ qualcosa in più di un semplice bar, è una seconda casa, una guida spirituale che ti illumina nei tuoi momenti più difficili.
La struttura dell’edificio è molto vasta; fino agli anni 60 il cortile retrostante il fabbricato è utilizzato come ampia pista di ballo e provvisto di un piccolo palco sul quale si millanta abbia suonato anche un giovanissimo Gianni Morandi, che qualcuno scambia puntualmente per il geometra Mazzini. All’estremo inferiore del cortile è presente una gradevole vegetazione che dà un senso di freschezza e sollievo nelle afose serate estive. Col passare degli anni questo angolo di verde si è sviluppato progressivamente assumendo le caratteristiche di una foresta sub-tropicale, con popolazione faunistica auto-mutata geneticamente.
Per quelli della mia generazione il bar Bellaria è indiscutibilmente legato a quello del suo gestore più caratteristico, Carlo da Canosa di Puglia, anzi per pronunciarla correttamente, canos’èpugl, fonema sconosciuto ed inquietante per qualsiasi ragazzotto di campagna che si approccia per la prima volta al bar, soprattutto nell’epoca della divulgazione del culto leghista. Il fatto che il sig. Carlo quando parla si mangia due parole su tre giustifica nell’immaginario popolare il suo peso e la sua poca loquacità.

martedì, giugno 13, 2006

Parole di Cotone

“Mi vuoi dire, per favore, quale strada devo fare per uscire di qui?”, chiese Alice.
“Dipende in gran parte da dove vuoi andare”, rispose il Gatto.
“Non mi importa dove”, disse Alice.
“Allora non importa nemmeno quale strada prendi”, replicò il Gatto.
“Mi basta arrivare da qualche parte”, aggiunse Alice come spiegazione.
“Ah, ma da qualche parte arrivi di sicuro”, disse il Gatto, “se vai sempre avanti senza fermarti…”

Si, ma non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare…
Hai ragione, ma non ci posso fare nulla. Io sono un clown triste, e faccio collezione di attimi

lunedì, giugno 12, 2006

A


Parlare di calcio in questi giorni è scontato, ma come al solito lo faccio a modo mio. Quindi non parlo dell'Italia e del suo esordio stasera nel campionato del mondo, ma di un campionato nazionale, meno nobile ma certamente più combattuto: chi mi conosce ha già capito dove voglio arrivare, alla promozione del TORO in serie A, ottenuta ieri sera dopo 120+5 tiratissimi minuti contro un ostico Mantova.
Spero che stavolta la serie A non ce la tolga nessun tribunale e nessun presidente sciagurato, con tutta la fatica che abbiamo fatto...
C'è un luogo comune su cosa significa essere tifosi granata: riguarda la sofferenza, la voglia ostinata di combattere contro il potere di un destino avverso (guardate la foto di questo striscione della curva Maratona) che sembra frustrare in ogni modo il futuro della squadra. Per chi non mastica calcio, nella sua storia il Torino è stato sconvolto da diverse tragedie, dallo schianto sulla collina di Superga dell'intera squadra del Grande Torino, alla morte del talentuoso ed anticonformista Gigi Meroni, fino ad arrivare alle due disgraziate presidenze di Calleri e Cimminelli, cioè l'alfa e l'omega dell'inizio della fine, cioè il fallimento amministrativo dell'estate scorsa.
Ora non riesco ad immaginare come potrà essere il futuro di questa squadra, se sarà sempre una scomoda altalena tra serie A e serie B, spero solo che come succede a volte nella vita si riesca a risalire davvero dopo avere toccato il fondo, come succede a volte per troppa passione o per troppa leggerezza.
Insomma riuscire "a riveder le stelle" e non solo a sognarle...

mercoledì, giugno 07, 2006

Momenti catartici (veri)

A volte poche parole racchiudono un'enormità di significati, e quando le parole riescono ad abbracciarsi tra loro nasce una poesia.
Credo che la poesia sia qualcosa di unviersale, nel senso che riesce a fare scattare sensazioni diverse in ogni persona che la legge o la ascolta. Voglio dire, non è come una notizia che leggi su un giornale, che è così e basta. La poesia puoi farla tua, con le tue sensazioni e, a volte, parafrasandola per renderla più personale.
Ed è ciò che è successo con il testo che vi propongo, nato inizialmente come un canto alla luna, poi adattato da un cantautore (mi sapreste dire quale?) per una sua canzone e infine, molto più modestamente, ricostruito da me. Perchè credo che la poesia, parafrasando (toh, un'altra volta) una recente canzone di Omar Pedrini, sia un lungo bacio sulla bocca dato per nostalgia...
Potesse
tutto il male che mi consuma
mutare lo sguardo tuo
in un giro di scale armonicheascendenti
o in una strada
che mi conducesse a te.
Ma niente vale ciò ch’io faccia
Ch’io resista o che io cada,
tu non capisci
è questo il grande dolore
che adombra la mia anima…
E voglio dirti la verità
dal lato brutto a cui non si rimedia
io ti amo
è questo il grande mare
tu non mi ami
è questa la tragedia.

lunedì, giugno 05, 2006

Giardini

Innanzitutto una precisazione (anzi due) sul mio ultimo post.
Serse mi ha fatto notare che per quanto abbia ancora una buona vista è impossibile che da dove mi trovo si possa vedere a due regioni di distanza. Ora, passi che ho scritto monte bianco al posto di monte rosa (quello è stato in effetti un disguido "cromatico"...) ma vedere le alpi carsiche proprio no.
Quindi mi scuso per la vaccata e correggo dicendo che si vede la catena montuosa fino alle alpi centrali. Comunque questo panorama resta un bello spettacolo, indipendentemente da come si chiama!
Ok, finita la lezione di geografia, voglio parlare di una gitarella che ho fatto ieri pomeriggio in un paese non distante dal mio, Gravellona Lomellina. Per un paio di giorni all'anno, in concomitanza con quella che è chiamata "Festa dell'Arte", è possibile visitare il giardino dei Conti Barbavara, un esempio di giardino "all'Inglese" risalente al periodo romantico, intorno alla della fine del 1700.
All'interno di questo giardino sono presenti due ville, piante secolari e tre laghetti artificiali, nei quali sguazzano le anatre, animali che non so perchè mi hanno sempre divertito.Due cose positive di quest'anno sono state senz'altro l'assenza di moscerini (c'è ancora un pò di vento) e l'apertura di un'uscita esterna verso altri tre laghi artificiali (decisamente più grossi, in uno riuscivano a navigare un paio di barche leggere!), attorno ai quali si può fare una piacevole passeggiata, che sarà ancora più piacevole quando cresceranno le piantine disposte attorno al sentiero!
Ammetto che mi piace una cifra tuffarmi nella natura (ma non nell'acqua perchè non so nuotare), e sapere che da qualche parte esistono ancora amministrazioni che non pensano soltanto a seppellire di cemento il loro territorio comunale, ma provano a riqualificarlo attraverso percorsi naturali, non può che farmi enorme piacere!

giovedì, giugno 01, 2006

Montagne

Sono due o tre giorni che nell'angolo di Italia dove vivo, al confine tra bassa Lombardia e basso Piemonte (così soddisfo la curiosità di Arianna), tira un vento che sembra di essere a Trieste.
Da un paio di mesi questo angolo di terra si popola di fazzoletti di risaie, che sembrano con un pò di fantasia dei piccoli laghetti, dentro ai quali si specchiano il cielo e le montagne. Tornando però ad essere realisti, so che l'effetto collaterale della presenza di risaie, sarà che da adesso e fino a settembre si scateneranno famelici reparti speciali di zanzare, pronte ad attaccare e pungere avidamente qualsiasi epidermide, sempre più immuni ad insetticidi e Autan ogni anno che passa.
Beh, comunque, tornando al vento, quando c'è un vento forte che sferza la pianura, specialmente alla mattina, dal mio paesino immerso nella campagna si riesce ad ammirare l'intero arco alpino, dal Monte Bianco al Carso, ed è uno spettacolo meraviglioso...
Poi piano piano (nel senso che ormai sei in coda) ti avvicini a Milano e tutto sparisce...
Ecco, quando arrivo vicino al bivio che da una parte ti porta in città e dall'altra in autostrada, in giornate come questa mi viene voglia di imboccare quest’ultima strada e salire verso quelle montagne o verso quei laghi che siedono ai loro piedi... Mi sa che qualche volta lo faccio davvero...
Salire... Ma poi non verranno le vertigini?
No, credo di no. Perchè come dice Jovanotti "la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare" !